Troppo spesso il binomio Android e Smartphone di fascia economica (al di sotto dei 200€) non collide, anzi litiga. Indaghiamo sul perché accada con Android e cosa succede agli altri competitor sul mercato.
Sono un utente Android, e ne vado molto fiero, ma non sempre le case produttrici fanno in modo di alimentare questa mia passione.
Oggigiorno è divenuto d’uso comune assistere al lancio di nuovi device, con cadenza quasi mensile, che siano Apple, Windows Phone o Android. Tanti sono i dispositivi prodotti soprattutto nella fascia “economica” (prezzi inferiori ai 200€), che detengono la più ampia fetta di mercato, così tanti da mandare l’acquirente in confusione. Molto spesso, l’utente medio si rivolge alla rete mettendosi alla ricerca di informazioni, a volte futili e fuorvianti, per conoscere pregi e difetti dei tanti terminali in commercio, mal districandosi nell’odierno labirinto tecnologico.
Ricordo che io stesso, all’inizio di questa esperienza, non avevo le idee ben chiare sulle potenzialità e funzionalità di questi dispositivi. Fortunatamente, nel corso degli anni ho avuto modo di provare svariati smartphone soprattutto low-cost, dai quali però, per un motivo o per un altro, mi sono dovuto allontanare mediamente dopo circa un anno. I motivi che mi hanno portato a cambiare più e più volte dispositivo sono stati ripetuti rallentamenti, riavvi improvvisi, e crash del sistema o delle applicazioni, non più ottimizzate per le vecchie versioni dei sistemi operativi. Se è vero che parliamo di dispositivi di fascia bassa, di certo non al pari dei gettonatissimi ma assai più costosi top di gamma, è vero anche che la corretta funzionalità di questi prodotti non può aggirarsi intorno all’anno di vita, considerate anche le più che discrete caratteristiche hardware. Volenteroso di scoprirne le cause mi sono messo “anima e core” a capire quali sono i limiti fisici che decretano la “morte” di un device Android. Scopriamoli insieme!
Sono partito dalle basi studiando come lavora un sistema operativo Android, come vengono realizzati gli applicativi e che linguaggio di programmazione è utilizzato, il tutto al fine di individuare il problema. Ho compreso che le applicazioni sono realizzate principalmente in Java, un noto linguaggio di programmazione informatico, e che le stesse si interfacciano con l’hardware attraverso la Java Virtual Machine. Non preoccupatevi non scenderò in noiosi dettagli tecnici, rischiando di indurvi in catalessi da non addetti ai lavori.
Analizzando il funzionamento di questo sistema ho compreso le enormi differenze che intercorrono tra Android e gli altri competitor del settore, quali ad esempio Apple con il suo iOS, e Microsoft con il suo Windows Phone. L’intera faccenda ruota intorno ad un banco di memoria, più esattamente la RAM. E’ da imputare a lei e ad un utilizzo spregiudicato da parte delle applicazioni, che incuranti delle sue limitate capacità di archiviazione, richiedono sempre più spazio, traducendosi in rallentamenti e nei consueti problemi che gli utenti Android di fascia bassa conoscono molto bene. A rincarare la dose, se ciò non bastasse, vi è anche il problema della ROM, spesso di ridotte dimensioni, che limita il numero di applicativi installabili. Se poi si considera che i nuovi aggiornamenti sono sempre più pesanti in termini di megabyte e quasi mai ottimizzati per i vari device, allora la frittata è fatta.
La domanda che sorge spontanea è la seguente: perché la RAM dovrebbe essere un problema? Cosa succede se viene completamente occupata dalle applicazioni? Questa è in effetti una grossa grana, in quanto la RAM è sede dei dati delle applicazioni e del sistema operativo. E’ sufficiente sapere, infatti, che anche solo l’invio di un banale SMS comporta, da parte del sistema operativo, una richiesta di spazio sulla RAM. L’assenza di spazio libero innesca un meccanismo, del tutto automatico, denominato garbage collector (letteralmente raccolta dei rifiuti) che libera le porzioni di memoria per favorire le nuove richieste di spazio. Verrebbe da pensare che il problema non sussista, che il tutto si risolva facilmente in maniera automatica, invece non è così: l’operazione è si automatica, ma ha un suo tempo di esecuzione ed un suo costo in termini di prestazioni, causando rallentamenti improvvisi e/o blocchi del sistema.
Va bene, e la ROM? Spesso i terminali di fascia bassa vengono venduti con un taglio di memoria relativamente piccolo, troppo per far fronte ai continui aggiornamenti. Difatti le applicazioni, a seguito dello sviluppo di nuove funzionalità o semplici correzioni di bug, aumentano le proprie dimensioni divenendo insostenibili per una memoria di esigue dimensioni. Ciò obbliga l’utente a fare una scelta, privandosi dell’una o dell’altra app. E’ pur vero, che nelle ultime release di Android (da KitKat in poi), è stata implementata la possibilità di spostare le applicazioni su SD esterne, ma ciò incide comunque sulle prestazioni e sulle velocità degli applicativi, in quanto i tempi di accesso alla memoria sono ben più alti.
A complicare la vita di questi dispositivi ci pensano, ancora, le varie personalizzazioni proprietarie, che vanno a sovraccaricare il già complesso sistema operativo di Big G. Non pensate che il problema sia circoscritto ai soli terminali di fascia bassa, e che quelli di fascia alta ne siamo immuni. Il problema è sempre lo stesso, ossia una mancata ottimizzazione dell’uso della memoria a disposizione, cosa che invece non avviene per gli altri competitor. L’unica salvezza per questi dispositivi è quella di dotarli di una maggiore memoria RAM, necessaria a garantire una vita media superiore ai ventiquattro mesi (termini di garanzia) ai propri device. In altre parole, i problemi si manifesteranno quasi in contemporanea con l’uscita dei nuovi smartphone.
Ai più verrebbe da storcere il naso, pensando: perché il problema non si manifesta all’inizio? Il motivo è molto semplice, i terminali sono progettati con un MTBF (Mean Time Between Failures, Tempo Medio fra Guasti) poco più grande di 12 mesi. Questo li scherma da malfunzionamenti certi prima che sia trascorso almeno un anno di vita. Sarà solo una strategia commerciale per vendere di più?!?
Il focus non sarebbe completo se non facessimo qualche esempio di terminali che soffrono di questi problemi, come non citare il Samsung S III mini oppure il Samsung Galaxy Ace 4. Non pensate che il problema riguardi solo i dispositivi di casa Samsung, anche la nota Motorala con il suo Moto G non è da meno. Le caratteristiche hardware farebbero pensare tutt’altro, processori multicore e RAM 1 gigabyte, è proprio quest’ultima ad essere incapace di soddisfare, nel lungo periodo, le sempre più grandi richieste di spazio presentate dagli applicativi e dallo stesso sistema operativo. Calmi, ora che avete scoperto ciò non fatevi prendere dall’impeto di gettare il vostro smartphone giù dalla finestra. E’ possibile evitare di incappare in questi problemi senza spendere cifre astronomiche semplicemente operando alcuni accorgimenti fondamentali, quali installazione manuale degli aggiornamenti più importanti, chiusura delle applicazioni in background e riduzione delle notifiche push. Non sarà di certo la panacea di tutti i mali ma consente di risolvere gran parte dei problemi senza mettere mano al portafogli.
In sintesi, se desiderate acquistare un terminale senza di questi problemi vi consigliamo un Windows Phone che, anche nelle fasce più basse, grazie ad un egregio lavoro di ottimizzazione nella gestione della memoria riesce a garantire sempre un’eccellente fluidità. Si tratta di due mondi completamente diversi, Android basato sull’open source mentre Windows Phone su di una tecnologia proprietaria, il cui punto di forza nel pacchetto office e integrabilità con Windows 8.
Ci auguriamo in un prossimo futuro di ritrattare questo argomento, magari tessendo le lodi di arguti programmatori ed ingegneri che, stanchi di questi malfunzionamenti, delle politiche di vendita e di marketing scellerate, adottino nuove e semplici soluzioni.
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